12 Mag Equilibrio è sbilanciarsi al cambiamento
Di recente ho pranzato con la mia amica Cristina, che si trova da qualche mese in difficoltà rispetto al lavoro che svolge. La sua storia è presto raccontata: in seguito ad un’apertura degli incentivi all’esodo all’interno dell’azienda per la quale lavorava, stufa di un ambiente che negli anni si era deteriorato, ha deciso di abbandonare il tempo indeterminato sperando di darsi una nuova opportunità lavorativa
Cristina lavorava da circa 9 anni nella stessa azienda in cui era nata e cresciuta come professionista. Era stata la sua prima esperienza importante, quella che ha forgiato la sua visione del lavoro. Contemporaneamente alla decisione di lasciare, ha ricevuto un’offerta di lavoro da un’altra azienda. E lei, abituata alla sicurezza del tempo indeterminato e spaventata un po’ dalla sua stessa scelta, ha messo una toppa e ha accettato di buon grado il nuovo lavoro. Questo nella convinzione di avere fatto la scelta più opportuna. Ha scelto valutando alcuni aspetti pratici: sono una mamma, ho una famiglia, mi serve un’entrata e credo di andare a fare un lavoro che mi piace. Ed ha affrontato la nuova sfida lavorativa.
Non è stata un solo giorno a casa. Non si è concessa nessuna tregua.
Come capita spesso a noi donne, ha affrontato la sfida con tutto il suo cuore e il suo impegno. Tuttavia si è resa subito conto, con orrore, che quel posto e quella mansione non facevano al caso suo.
Quando l’ho incontrata il punto su cui verteva il suo dialogo era:
“Negli anni ho svolto la mia professione con grande impegno e dedizione. Mi dava l’adrenalina lavorare in emergenza, dover risolvere i problemi dell’ultimo minuto ed ero convinta di avere ancora bisogno di questo tipo di stimolo. Invece mi accorgo di essere diventata pigra, ahimè! Non sono più capace! Sarò una scansafatiche???”
E su questo tema continuava a colpevolizzarsi, come se volesse a tutti i costi mantenere una coerenza di fondo con l’immagine che ha di sé. Come se ammettere di non essere più la stessa fosse un danno anziché un beneficio. Come lo avrebbe spiegato a tutti coloro che ha intorno? Cosa avrebbe risposto quando qualcuno con tono accusatorio le avrebbe detto: tu sei cambiata! E come poteva ammettere con se stessa che quel lavoro non era più il suo? Si trovava di fronte ad un grosso bivio.
Il punto è che il tempo ci cambia, ci fa crescere, ci perfeziona, ci rende più o meno esigenti. Cambiano i nostri valori, cambiano le persone intorno a noi. Diventiamo mogli, madri, talvolta perdiamo i genitori. Cambia la mappa delle amicizie, talvolta cambiamo addirittura città. Come possiamo credere di essere gli stessi professionisti di 10 anni fa? Come possiamo pretendere che non sia cambiata anche la visione che abbiamo del lavoro?
É come se Cristina avesse avuto paura di ammettere con se stessa che LEI ERA CAMBIATA.
E non si tratta di essere diventata una scansafatiche. Lei è diventata una donna e una mamma con esigenze molto diverse da quelle che poteva avere 10 anni fa! E questa NON È UNA COLPA. Potrebbe essere che ciò che ci rendeva adrenalinici a 30 anni possa non fare lo stesso effetto a 40? E c’è qualcosa di cui colpevolizzarsi in tutto questo?
Io credo di no. Ciò che puoi fare, se sei in una situazione simile a quella di Cristina, è utilizzare questa nuova informazione per fare scelte differenti riguardo il tuo lavoro. Vale la pena fermarsi e valutare con molta attenzione cosa è importante per te OGGI. Cosa cerchi nella tua professione? Qual è il filo conduttore delle tue scelte?
Crediamo che la ricerca di un equilibrio consista nel mantenere una stabilità, un “rimanere uguali a sé stessi” come a volere preservare uno status quo per tutta la vita. Se accade diversamente è alto tradimento.
In realtà trovare un equilibrio oggi è piuttosto il contrario: è apertura al cambiamento, è la capacità di “modificare se stessi” per modellarsi sulla vita che evolve.
Non è la vita ad averci detto che ciò che è stabile sia anche giusto. La vita, al contrario, per sua natura, cresce, cambia, evolve. E’ la società che ci ha convinti che l’immobilità sia naturale. E noi abbiamo finito per crederci. Quando Cristina mi ha confidato tutto ciò, io ho risposto: “Che bellezza! Sei cresciuta! E pensa che fortuna avere capito cosa non vuoi più! Ci sono persone che passano la loro vita a mantenere una coerenza con una immagine che non è più la loro”.
Lei è stata in silenzio. Poi al momento dei saluti mi ha stretto forte fra le braccia e mi ha detto:
“Voglio prendermi del tempo per me. Voglio fare ciò che non ho mai fatto. Voglio mettere me al centro, per la prima volta e ho deciso di dare le dimissioni. E sai che c’è? Non voglio più prendere il primo lavoro che trovo!”
Ha scelto la strada migliore: fermarsi e fare in modo che il suo futuro non sia una mera ripetizione di un passato che non le appartiene più. Ripartire da un Essere piuttosto che da un Fare.
Cristina non sa ancora dove la porterà questa scelta, se essa si rivelerà appropriata oppure poco funzionale. Nei suoi occhi però leggo finalmente quella pace che nasce solo quando abbiamo allineato le nostre scelte con il nostro cuore. E quando, in fondo, sentiamo di essere sulla strada giusta.
Brava Cristina, in bocca al lupo! Tu, come tante donne, hai le carte in regola per fare della tua vita un capolavoro!
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