21 Gen Un giorno senza sorriso è davvero perso?
“La vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali. Canta, ridi, balla, ama e vivi intensamente ogni momento della tua vita prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi. Un giorno senza un sorriso è un giorno perso”
Questa è una celebre frase di Charlie Chaplin che racconta di quanto sia importante prendere in mano la propria vita e renderla un capolavoro. Una frase sicuramente evocativa, densa di significato e capace di parlarci.
È vero infatti che è nostra responsabilità impegnarci per creare la vita che desideriamo prima che cali il sipario e senza che altri vivano la vita che doveva essere la nostra. Un richiamo all’ottimismo e alla costanza. Ma non lascia spazio alla tristezza e alla fatica che fanno pur parte anche esse della vita.
La sua chiusura, infatti, mi spinge a condividere con te un pensiero che riguarda la tristezza, proprio nella giornata successiva al Blue Monday, il giorno più triste dell’anno. Sì, perché in fondo credo che non ci siano giorni perduti, indipendentemente da come ci si senta a livello emotivo, indipendentemente da come va la tua vita in quel preciso istante.
L’emozione che ci guida, sia essa positiva o negativa, agisce come potente strumento informativo che racconta ciò stai vivendo e ciò a cui tieni davvero. Talvolta quell’emozione è patologica e va risolta per non ammalarci, talvolta va ridimensionata, ma mai ignorata o considerata tempo perso.
Allora restituiamo spazio anche alla tristezza! Se ci sono giorni in cui sei triste per qualcosa che ti è successo o perché un pezzo del tuo passato che ti fa male torna alla riscossa, o ancora perché è un periodo brutto brutto, concediti questo stato d’animo. È normale e sano, poiché la tristezza contribuirà nel trovare una soluzione al tuo problema e nell’uscirne il prima possibile e con efficacia. Diversamente rischi di stamparti in faccia il famoso sorriso come se fosse una maschera ma potrebbe non essere risolutivo.
Purtroppo siamo stati educati a non disturbare, ad arrecare il minor disagio possibile e a compiacere gli altri, a non fare troppo rumore. Questo ci conduce spesso a sorridere quando vorremmo piangere, ad accettare appuntamenti perché ci sentiamo in dovere di farlo, anche se non ne abbiamo voglia. In sessione mi capita di vedere in lacrime le persone, proprio perché finalmente hanno uno spazio per affrontare le loro tristezze eppure 9 volte su 10 si scusano per le loro lacrime!
Il risultato del perpetuare questo comportamento è una mancanza di rispetto nei confronti dei nostri sentimenti, perché è come se ci negassimo il diritto di provare quello che abbiamo bisogno di provare. I sentimenti negati influenzano comunque sia i pensieri che le azioni in un circolo che può diventare vizioso.
Tutti, assolutamente tutti, abbiamo delle giornate no, dei giorni tristi, siamo irrazionali, a volte proviamo una paura assurda, piangiamo e non sappiamo perché. Ma pensa anche a tutte le volte che la tristezza ha dato vita ad abbracci stretti, alla pelle d’oca, alla consapevolezza di essere davvero amati, alla progettualità del cercare qualcosa di meglio per noi. Sei davvero convinta che la tristezza sia qualcosa da debellare?
Anche sul lavoro provare tristezza non è mai una obiezione alla gioia. Se guardi indietro nella tua storia potrai con molta probabilità trovare alcuni passaggi tristi che tuttavia hanno dato il la a nuove rotte. Se ripenso alla mia vita mi vengono in mente tanti ricordi legati alla tristezza buona. Voglio condividerne qualcuno con te.
Mi torna in mente il momento in cui sono andata via dalla mia azienda, per scelta. Ho visto i volti di alcuni colleghi e ho provato una profonda malinconia all’idea di non vederli più ogni giorno (non tutti, eh!). Eppure quella tristezza mi ha fatto capire chi davvero contasse per me e ho scelto proprio così chi avrei continuato a frequentare dopo la mia dipartita da quella azienda.
Se invece penso alla mia vita privata ricordo come se fosse ieri quando mi trasferii da Milano a Torino definitivamente. Fui costretta ad abbandonare il lavoro perché l’azienda di allora non mi concesse un trasferimento (pur avendo sede a Torino, città nella quale volevo andare). Feci il viaggio sulla Torino-Milano piangendo dall’inizio alla fine (circa un’ora e mezza). Piangevo perché nella mia mente scorrevano le immagini dei mille momenti felici che avevo vissuto in quella città, di ciò che avevo costruito e di quanta paura avevo di sbagliare nella mia nuova vita, di non trovare più un lavoro che mi piacesse davvero. Ecco, proprio quella tristezza mi ha aiutato ad affrontare quel cambiamento con più lucidità e consapevolezza, considerandolo con il giusto peso e il giusto amore.
E tu? Quali sono i momenti tristi che hai vissuto che ti hanno insegnato le più grandi lezioni? Quale emozione stai vivendo ora e non riesci a fartene una ragione? Raccontami nei commenti o, se hai piacere, via mail. Io oggi voglio ricordare a gran voce che UN GIORNO SENZA SORRISO NON È AFFATTO UN GIORNO PERSO! E abbiamo ogni sacrosanto diritto di accogliere la fatica e usarla per porre le basi anche dei progetti più ambiziosi.
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